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PRODOTTI TIPICI

Lumache in umido

1,5 Kg di lumache
1 decilitro d'olio d'oliva
aglio
rosmarino
peperoncino
polpa di pomodoro

Tenete almeno 15 giorni le lumache all'aperto in un retino, per esempio un sacchetto di patate, così da mondarle (spurgarle, come si dice in gergo...).
Lavatele poi (parecchie volte!) con acqua, sale e aceto. Mettetele quindi a lessare, in un recipiente largo e basso, a fuoco molto lento senza coprirle.
Dopo 3-4 ore, quando le lumache saranno uscite completamente dai gusci, alzate la temperatura. A questo punto è molto importante risciacquarle accuratamente con acqua, farle asciugare bene e contemporaneamente preparare il sugo con tutti gli ingredienti indicati, molto ricco, denso e ben cotto.
Quando il sugo è pronto, aggiungete le lumache.
(Paola Bigliocchi)

Abbacchio all'eretina

E' evidente che la vicinanza con Roma ha influito sulla cucina dei Monterotondesi e soprattutto di quelli che potevano permettersi di cucinare anche le carni migliori; questo abbacchio risente fortemente della cucina romana papalina, che è sempre robusta e saporita. Ci vogliono 2 chili di abbacchio fatto a pezzi che vanno messi a rosolare nell'olio di un bel padellone. Si condisce con sale e pepe, rigirandolo con il cucchiaio di legno e, quando ha preso un bel colore, vi si aggiunge uno spicchio d'aglio, un po' di rosmarino e due foglie di salvia. Si continua a rosolare a fuoco vivo e si spolvera con un cucchiaio di farina quindi, sempre sul fuoco, si innaffia con mezzo bicchiere d'aceto e mezzo bicchiere d'acqua e si controlla che il liquido non si ritiri tutto perché ne occorrono due cucchiaiate per la salsa. La salsa si fa in un piccolo recipiente a parte, con le due cucchiaiate del sugo rubato all'abbacchio e con il "pisto" di quattro filetti alici lavate. Questo rinforzo di sapore si versa nel padellone, si gira bene sul fuoco e si serva caldo. (Aldo Corona)

Ciambelle a zampa

Senza uovo
1kg di farina
33 cl di vino
33 cl d'olio
3 cucchiaini di sale
3 cucchiai di anici puliti e lavati

Mettete a bagno, possibilmente la sera precedente, l'anice, ben pulito, con il vino.
Dopo aver impastati gli ingredienti fino ad ottenere una massa compatta e omogenea dividere la massa in nove parti uguali, formare le ciambelle e lessarle una alla volta in acqua bollente.
Dopo averle fatte asciugare (da un'ora a tutta la notte) procedere alla cottura, circa un'ora, in forno
(Aldo Marconi)

Questo stupende creature gastronomiche possono certamente rappresentare, insieme alla festa di S. Antonio Abate, l'emblema della tradizione culturale di Monterotondo.
Per la loro forma e dimensione hanno l'aspetto di un'orma dello zoccolo del bovino ma, nel sapore, esprimono il gusto forte dei cibi genuini inventati nella realtà contadina, con gli ingredienti poveri di cui si poteva disporre.
L'olio e la farina sono gli ingredienti principali, elementi comuni alla base della maggior parte dei cibi di quasi tutte le popolazioni di ieri e di oggi; le ciambelle a zampa, che vengono anche chiamate "ciambelle di S. Antonio", escono fuori da ogni regola di lavorazione della farina con l'olio, e l'altissimo grado di originalità e bontà, ne fanno un alimento unico da poter gustare in ogni momento e che può sostituire, tanto un piatto salato di ogni ora del giorno, quanto il dolce dei fine pasto.
(Aldo Corona)

Con uovo
4 chilogrammi di farina
1 litro di vino bianco
2 litri d'olio d'oliva
3 uova
1 etto di sale fino
1 etto di anice

Sciacquate accuratamente l'anice e tenetelo a bagno con il vino una notte intera.
Al mattino impastate, in un recipiente grande, la farina, l'olio, le uova, il sale e il vino con l'anice, lavorando la pasta a lungo in modo da renderla compatta e omogenea.
Dopo averla lasciata riposare per almeno 5-6 ore, dividetela in parti uguali, da circa tre etti ciascuna, dando ad ognuna la forma tipica a zampa.
A questo punto, in una pentola sufficientemente grande, cuocetene tre alla volta per cinque minuti in 8-10 litri d'acqua, aggiungendo un pugno di sale.
Al termine del tempo indicato staccatele dal fondo con un cucchiaio di legno e passatele rapidamente su entrambi i lati sotto un getto d'acqua fredda.
Lasciatele poi asciugare su una tavola di legno, poggiate al rovescio, per circa 6 ore; poi voltatele e lasciatele per altre 6 ore.
Le ciammelle sono adesso pronte per la cottura. Se le cuocete in casa, tenetele in forno (a 180°) per 45 minuti poggiate sul rovescio, poi voltatele e lasciate cuocere per altri 45 minuti.
Toglietele dal forno e lasciatele raffreddare completamente.
(Paola Bigliocchi)

Funghi co' le fettuccine

A Monterotondo, non sembra, ma c'è sempre stata una forte passione "funghereccia" e lo testimonia l'assidua frequentazione dei monterotondesi di "Gattaceca" per la caccia agli Ovoli, ai Porcini, alle Centinara ed ai Catenari. E' chiaro che i nomi sono prettamente della zona ed i funghi, per tutti coloro che lo vogliono sapere, sono rispettivamente l'Amanita Caesarea, il Boletus Edulis e l'Aereus, l'Armillaria Tabescens e l'Hygrophorus Penarius. I funghi che adoperiamo per la ricetta sono prettamente invernali e se ne trovano abbondanti alla "macchia", anche quando gela; sono la Lepista Nuda e la Lepista Nebularis, funghi caratteristici per la forma, il colore e specialmente per l'odore. Questi funghi, nel gergo dei cercatori, sono l'Agarico nudo o violetto e l'Agarico nebbioso o nebuloso e specialmente quest'ultimo è indicato per questa ricetta. Poiché la "Nebularis" ha un odore molto forte ed a qualcuno può risultare eufemisticamente "indigesta", consiglio di dargli una sbollentata di 5 minuti prima di usarla; la prima cosa da fare, comunque, è sempre la pulizia ed il lavaggio dei funghi, poi il taglio in pezzi giusti per il consumo ed infine la cacciata del liquido che essi contengono (tramite la scottatura, con la loro sola acqua di sgocciolio, in un tegame per altri 5 -7 minuti, a fuoco basso). La schiuma ed il liquido che risultano dalla scottatura vanno buttati tassativamente via. Ecco ora la ricetta:
1) Si prepara un trito, molto fine, di una carota, una costina di "sellaro" (sedano), di una mezza cipolla, di un pò d' "erbetta" (prezzemolo) e dell'immancabile basilico.
2) Nel tegame del sugo si mette l'olio, il trito già preparato e due salsicce tagliate a metà (in maniera che ne tocchi una mezza a testa). A fuoco basso si fa imbiondire il trito e si versa un mezzo bicchiere di vino secco che si fa poi ritirare.
3) A questo punto si aggiungono i funghi suddetti.
4) Nell'ultima fase si versa un bicchiere di passata di pomodoro, un bicchiere d'acqua, e si porta tutto a cottura. Il sale ed il peperoncino vanno per ultimi, e la quantità del sugo si corregge con aggiunta di olio ed acqua.
Il sugo è ora pronto, mancano solo le fettuccine all'uovo. Se non sapete farle da soli, compratele dai pastai locali. Loro le fanno bene e le preparano della misura che volete. Io ve le consiglio non più larghe di 3 mm., ma ad ognuno i propri gusti; la sola cosa da non sbagliare è la cottura in acqua bollente, abbondante e salata, che deve essere brevissima (metti giù e tiri su). Attenzione! La spolverata di formaggio è di pecorino romano ed al centro di ogni piatto ricordatevi della mezza salsiccia. (Aldo Corona)

Pancotto

Quando non si andava alla vigna, e perciò quasi sempre nei giorni di festa e quando si rimediava qualche "bronchitella", questo cibo sano e medicamentoso veniva usato a colazione o anche a cena; l'importante era di poter disporre del pane secco, che certamente non si dava alle galline e che, se restava nella "martora" (madia), era soltanto dovuto alla incapacità di poterlo aggredire con i denti che, molto spesso, non erano all'altezza del compito.
Per la preparazione: una mezza chilata di pane duro casereccio, 2 pomodori maturi, 2 foglie di alloro, 2 spicchi d'aglio, una costina di sedano, olio d'oliva (oggi c'è anche quello extravergine), un litro e mezzo d'acqua, sale.
Nel tegame si mette un po' d'olio, i pomodori spezzettati, le foglie di alloro, gli spicchi d'aglio, il sedano, il pane a pezzetti, l'acqua ed il sale necessario.
Si porta a bollore mescolando, e si cuoce per circa mezz'ora. Sarà bene ricercare l'aglio e toglierlo prima di iniziare a mangiare.
(Aldo Corona)

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